MARLENE DAVENPORT

Marlene non ha problemi: è ricca, ha buoni voti, è bella, è forte ed è la ragazza più desiderata di tutta la scuola. Quando Marlene vuole qualcosa il padre gliela compra e, quando non lo fa, le da i soldi per provvedere da sola. Una volta ci siamo incrociate in bagno, io mi stavo lavando la faccia per cercare di mantenermi sveglia e non addormentarmi sul banco, lei stava rifacendosi il trucco. È entrata, mi ha rivolto un lungo sguardo e poi si è data da fare col fondotinta, applicando uno strato di cerone tale da fare invidia a un mimo.

 

«Certo che deve essere brutto» aveva detto.

 

Sapevo che non voleva semplicemente fare due chiacchiere, così decisi di non stare al gioco e la ignorai.

 

«Deve essere proprio brutto alzarsi, venire a scuola e sapere di stare sul cazzo a tutti. Che ci vieni a fare?»

 

Non avevo risposto.

 

Però forse aveva ragione.

 

Saranno stati i soldi, sarà stata l'aria sicura di sé, sarà stata la pessima reputazione, ma non è difficile immaginare che Marlene attirò in fretta l'attenzione di Martin e che li vedevo spesso amoreggiare dalla finestra della mia camera.

 

Perché, quindi, la fidanzata di Martin avrebbe voluto ucciderlo?

 

A pensarci bene avevo visto un cambiamento in Marlene già un mese prima, quando era entrata a scuola bagnata fradicia per la pioggia, i capelli in un groviglio paludoso e le sopracciglia incurvate in una sottile disperazione. Le sue migliori amiche erano scioccate:

 

«Ma che hai fatto? Ti sei vista?»

 

«Oh, ma sta' un po' zitta!» aveva chiuso lei.

 

Nessun programma televisivo mi aveva lasciata più di stucco di quella scena e, a giudicare le espressioni sui loro volti, le sue amiche potevano dire lo stesso. Marlene era sparita in aula e io non l'avevo rivista fino all'ora di scienze dove mi era apparsa del tutto normale. Avrà litigato con Martin, pensai.

 

Due giorni dopo, mentre stavo cercando i libri di storia nel mio armadietto una voce aveva sovrastato il rumore del corridoio.

 

«Stammi lontano»

 

Ci eravamo voltati tutti a osservare la scena: Martin era in piedi, insieme a Marlene, in un angolo del corridoio, con la mano stretta al polso di lei in una presa ferrea da playmaker. La Davenport non sembrava impaurita, ma incazzata, mentre io me la ridevo sotto ai baffi. Continuarono con queste scene per circa una settimana, poi smisero di dare spettacolo e nessuno li vide più insieme.

 

Fino al giorno del bagno.

 

Avevo avuto un attacco di panico, lo ammetto, e mi ero chiusa nei bagni per cercare di ritrovare la calma. La porta esterna si era spalancata violentemente e richiusa altrettanto in fretta; qualcuno piangeva, con grandi singhiozzi. Sentii il rumore di qualcosa che veniva appoggiato al lavandino, probabilmente la borsa a giudicare dal tramestio di oggetti che sentii subito dopo.

 

«Dov'è? Dove cazzo è?»

 

Era lei. Mi chiesi se fosse il caso di tirare l'acqua, uscire e far finta di nulla, ma qualcosa mi spinse a restare nascosta come se io non fossi mai stata lì. Alla fine ero abituata a far finta di non esistere, non era difficile. Marlene buttò la borsa per terra con un urlo rabbioso e batté le mani sul bordo del lavandino.

 

Di nuovo la porta che si apriva.

 

«Puoi darti una calmata e non andare in giro come una pazza furiosa?» era un ragazzo. Era Martin.

 

«Vai via, hai già fatto abbastanza»

 

«Ti ho già detto che mi dispiace ma che non posso farci nulla, quindi chiudiamo questa storia e andiamo avanti, per favore»

 

La voce era fredda e distaccata, non avrei mai detto che fino a poco prima i due se la intendessero.

 

«Quindi secondo te io dovrei abortire perché a te dispiace?»

 

COSA? Marlene Davenport incinta di Martin Jamison? La conversazione si faceva interessante, cosa avrebbe fatto quel disgustoso rampollo per togliersi da quel pasticcio?

 

«Esatto, mi dispiace ma è stato un incidente e io non ho intenzione di avere un figlio, ai miei prenderebbe un colpo!»

 

Lei cominciò a singhiozzare.

 

«Andiamo, lo sappiamo entrambi, per te è lo stesso. Come faresti ad andare alle feste e a divertirti?»

 

La frase fin troppo allusiva dette fastidio a me, che non c'entravo nulla, figuriamoci alla diretta interessata. Un rumore secco e un piccolo verso di sorpresa, anche se l'unico senso che stavo utilizzando era quello dell'udito immaginai gli occhi di Martin ingigantirsi come in un film horror per la sorpresa. Marlene se ne era andata sbattendo la porta dopo avergli rifilato un ceffone.

 

Aspettai che anche Martin fosse uscito dal bagno e rimasi ancora qualche minuto a riflettere sulla conversazione appena sentita. La Davenport non si fece vedere a scuola per due settimane, poi ricomparve con il padre e con un modulo di trasferimento. Andò in una scuola privata e nessuno la vide più: cambiò giro di amici, cambiò persino interessi e si dice che ora abbia il massimo dei voti. Nessuno seppe mai del suo aborto.

 

E nemmeno che, quel sabato notte, Martin fosse uscito di casa per vederla.