Martedì, la sera dell’interrogatorio

 

 

 

Ciao, mi chiamo Amber Costa e frequento la Denver High School. I miei nonni sono arrivati nel Colorado dall'Argentina e hanno deciso di crescere qui i propri figli. Mio padre, Marcelo Costa, ha sposato Ingrid Fernandez, una ragazza di origini messicane che però era nata in America. Sono figlia unica e si può dire che io sia felice. In questo momento sto usando il mio Iphone per registrare questa conversazione perché Martin Jamison, il mio vicino di casa, è stato rinvenuto morto nel bosco, pochi giorni fa. So che la polizia sospetta di me, perché hanno piazzato un'auto che mi segue negli spostamenti e un agente che, a scuola, controlla le lezioni che seguo e dove decido di passare l'ora del pranzo. La verità è che io e Martin, anche se ci siamo visti crescere, non ci conoscevamo bene. Lui aveva il suo giro di fighetti e io... Bhe, io ero troppo impegnata ad avere crisi psicotiche per badare a quelli come lui.

 

Quasi due anni fa cominciai ad avere allucinazioni, a sentire voci che mi dicevano cose brutte sul mio conto e mi consigliavano di porre fine alla mia vita. Un giorno, durante l'ora di palestra, mi era sembrato di vedere un tizio arrestato pochi giorni prima per stupro e che, qualche volta per strada, aveva provato a rivolgermi la parola. Mi sono spaventata così tanto che sono scappata negli spogliatoi e ho frugato nella borsa di Karen Wiston, che aveva iniziato a fumare di nascosto, poi sono tornata in palestra e ho provato a dar fuoco al maniaco usando del profumo come carburante.

 

Lo stupratore era in realtà Jared Milton, un ragazzo perbene che non aveva mai fatto del male a nessuno e che rimediò un'ustione di secondo grado sulla coscia tale da non farsi vedere a scuola per qualche mese. Io fui spedita alla Clinica Resper, un ospedale riabilitativo come diceva papà; la Clinica per Matti come diceva Martin.

 

Quando tornai a scuola scoprii che nessuno voleva più essere mio amico e che quando io mi sedevo a qualche tavolo in mensa tutti gli altri si alzavano. In breve imparai che essere diverso non era positivo e che la società non perdonava e soprattutto non comprendeva. Persi ogni contatto umano e mi abituai a contare solo su me stessa.

 

Lo ammetto, ho detto a Martin che mi aveva rovinato la vita e che lo volevo morto, ma non lo pensavo e non avrei mai avuto il coraggio di compiere un gesto simile. Ma è evidente, visti gli avvenimenti, che qualcuno abbia trovato la forza di commettere l'omicidio.

 

Ho una lista di nomi e ciascuno di essi ha un segreto da nascondere che Martin poteva aver voglia di rivelare o che, semplicemente, minacciava. Come faccio a sapere queste cose?

 

Con calma ci arriviamo...