WILLIAM WONDERLY

Come ormai sapete sto lavorando ad un romanzo nuovo, di un genere ancora non ben definito che per ora chiamo: "Alcune pagine di Manchester 1970", titolo ovviamente provvisorio. La vicenda si svolge a Manchester dove alcuni bambini scompaiono e vengono ritrovati, ormai morti, a pezzi in zone diverse della città. Ma chi è l'autore di tutte queste morti? E perché? Il problema di placa, per poi riprendere 50 anni dopo, sempre nella stessa città, che si tratti di una maledizione? In questo capitolo una delle morti.

 

WILLIAM WONDERLY.

 

Ho sempre odiato andare a scuola fin dalla prima volta in cui mio papà, pieno di raccomandazioni, mi aveva lasciato sulla soglia dell’edificio. Non sono apatico, né disinteressato, anzi, sono un bambino molto curioso, ma non sopporto quando un adulto mi impone la propria autorità e a scuola questo capita sempre.

 

Mio padre ama definirmi con una parola: vivace. Secondo lui è vivace il mio modo di parlare, il mio modo di giocare, il mio comportamento. Per lui sono vivace come la mamma. Ma la mamma è morta partorendomi e io non ho mai saputo se fosse vero.

 

Non c’è molto da fare a Manchester per un bambino di sette anni, a parte la scuola e giocare in strada con gli amici, quindi passo il tempo ad arrabattarmi tra un compito e l’altro e a sfogarmi in strada facendo finta di essere Neil Young e di calciare in porta un missile imparabile.

 

Sarebbe stato tutto fantastico, se non stessi mentendo alla grande, forse più a me stesso per non guardare in faccia alla realtà: io guardo gli altri bambini giocare a calcio e se per caso vengo scelto per formare la squadra, è sempre come ultima riserva.

 

Da qualche tempo in città sta succedendo qualcosa di strano anche se noi bambini non abbiamo capito bene di cosa si tratta. È iniziato con Dustin, se ne stava vicino a me a guardare gli altri tirare calci al pallone e far innervosire il signor Barth per l’ennesima volta, poi all’improvviso, senza che me ne accorgessi, era sparito chissà dove. Il minuto prima era seduto accanto a me, quello dopo divorato nel nulla e nessuno lo aveva più visto.

 

Il mio amico Bill ha detto che Dustin è stato ucciso e non tornerà mai più e che gli adulti sono così preoccupati perché c’è un pazzo in circolazione che ammazza bambini.

 

Che i genitori siano terrorizzati non c’è dubbio. Il sabato sera, di solito, vado dai Morgan a guardare la tv con Bill, ma da qualche tempo mio papà mi accompagna in ogni luogo in cui voglio andare e ha bandito le uscite non necessarie.

 

Così ero lì, a sette anni, bloccato nel retrobottega di papà durante un sabato pomeriggio cupo e grigio, come sempre in Manchester. Senza immaginare che quella sarebbe stata anche la mia tomba.

 

Il mio vecchio è il macellaio della città e se una persona vuole della carne di qualità sa che dovrà venire da noi: la macelleria Wonderly, la più Wonderful che ci sia!

 

Sì, lo so che è uno slogan ridicolo, e l’ho anche spiegato a mio padre visto che ero stufo di essere preso in giro in ogni corridoio della scuola, ma lui sostiene che il nostro cognome sia un segno del destino e che la nostra famiglia sia destinata a grandi cose.

 

Comunque, quel giorno, stavo cercando di completare un compito di inglese, inserendo al posto giusto le parole mancanti per completare le frasi, quando Alan, il nostro pitbull, era venuto a cercare di racimolare qualche carezza e forse qualche cosa da mangiare. Probabilmente l’odore della carne in vendita doveva essere un invito straziante per lui. Ottenne solo le coccole, non avevo da mangiare nemmeno per me ed era quasi ora di merenda: chissà se papà mi avrebbe comprato un po’ di pane caldo?

 

Era uscito poco prima, sostenendo che sarebbe andato a comprare il giornale dallo strillone che si era piazzato di fronte alla bottega e di solito, quando lo faceva, si fermava a parlare di politica con lui o con il garzone del fabbro.

 

Alan aveva iniziato a ringhiare e a mordicchiarmi la mano e non riuscivo a comprendere per quale motivo fosse così agitato, di solito era un giocherellone. All’improvviso, però, sentii freddo, come se qualcuno mi avesse svitato la testa e avesse versato del ghiaccio nelle mie viscere, una cascata gelata che mi avrebbe freddato il cuore. Mi sentivo osservato, ma sapevo di essere solo.

 

O no?

 

Alan ringhiò più forte, il pelo dritto sulla schiena e le orecchie ben tese in ascolto, fissava insistentemente il negozio come se fosse entrato qualcuno e io non me ne fossi accorto. Cercai di calmare il cane e fu allora che sentii un rumore alle mie spalle e mi voltai di scatto. C’era un ragazzo con la bocca storta, un viso così brutto è difficile da dimenticare e io ero certo di averlo già visto. Cercai di far mente locale, anche se la situazione mi sembrava strana e poco sicura, ma non riuscivo a ricordare nulla. Mi veniva in mente soltanto Dustin.

 

-          Mio padre arriverà tra poco, se vuole attenderlo in negozio – mi uscii stupidamente.

 

Il tizio rise. Un suono gracchiante, acuto, terribilmente fastidioso e non so per quale motivo mi venne in mente la leggenda di Jack lo Squartatore. Poi il mondo si capovolse.

 

Alan iniziò a ringhiare contro di me, l’estraneo, magicamente, si trovò dall’altra parte della stanza, nuovamente alle mie spalle e l’unico sentimento che provai fu la paura.

 

Tentai di arretrare con lentezza, quasi cercando di non farlo vedere, ma quel tizio non mi staccava gli occhi di dosso e nemmeno Alan, lui che era cresciuto con me ora schiumava dalla bocca come in attesa del segnale per saltarmi addosso.

 

Volevo aprire la bocca e provare a urlare, ma il mio corpo non rispose al comando e inoltre sapevo che non sarebbe servito a nulla e che il sorriso maligno di quel pazzo si sarebbe soltanto acuito. Avevo capito che sarebbe stata la fine.

 

Tentai di scappare, forse stupidamente, ma non volevo cedere così pur sapendo chi avevo di fronte. Mi lanciai verso il negozio, ma non feci mezzo passo che sentì due mani pesanti intorno alla gola farsi sempre più strette, poi una risata tagliente e uno strano tic tac. Poi solo più il buio, per sempre.

 

Mi chiamo William Wonderly, avevo sette anni quando il killer dei bambini entrò nella bottega di mio padre mentre lui era fuori e mi uccise. Ricordo che una volta morto potevo vedere tutto intorno a me, ma ciò che vidi fu Alan che mangiava qualcosa che, so per certo, stava uscendo dal mio corpo. Vidi mio padre rientrare nel negozio e arrivare al retrobottega ripetendo il mio nome, l’ho visto far cadere per terra ciò che stringeva in mano mentre osservava il cane mangiare i miei resti. L’ho visto urlare, precipitarsi verso l’animale e staccarmelo di dosso. Poi ho capito che l’unico motivo per cui riuscivo a vedere tutto questo e le mie interiora che giacevano sanguinolenti sul pavimento era perché la mia testa giaceva qualche metro più in là, completamente staccata dal corpo.

 

Quello che mi chiedo ancora dopo tutti questi anni, dopo la morte del mio papà, dopo che sono passate diverse primavere e sono arrivati altrettanti inverni è: perché?

 

Forse se avessi detto di Dustin alla polizia, tutto questo non sarebbe successo.

 

 

 

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